“l’arte, la bellezza e il suo contrario”

Segnalato da Galleria Ab/arte

Galleria Ab/arte

Categoria: Altro

Data: dal 11 ottobre 2014 al 18 ottobre 2014

Indirizzo: Vicolo San Nicola, 6

Provincia: Brescia

Orario di apertura: Da giovedì a sabato: 9,30 - 12,30 e 15,30 - 19,30

Sito internet: www.abarte.it/index_file/AndreaBarrettaeilsuosaggioLartelabellezzaeilsuocontrarioedabarte.htm

E-mail: info@abarte.it


Un saggio dello scrittore e giornalista Andrea Barretta sullo stato dell’arte contemporanea

Ed. ab/arte, 2014, pp. 176 (Collana Saggi)

Com’è possibile che in Italia, la patria della bellezza da sempre, si possa convivere con la bruttezza in un disinteresse collettivo? Qui troverai alcune risposte, ma se l’arte non ti dà né piacere né dispiacere, se non provi una vertigine in una cattedrale gotica e davanti a un dipinto di Rothko continui a credere che la “spiritualità” sia solo un’espressione religiosa, se per te conoscenza ed esistenza non hanno nulla in comune con l’estetica e senti indifferenza davanti alla “Pietà” di Michelangelo mentre ti diverte quella di Fabre, se hai solo certezze e nessun dubbio, se per te Duchamp è stato un furbetto del quartiere e Beuys l’esempio che tutti possono fare arte … non leggere questo libro, annota in prima pagina il giornalista e scrittore Andrea Barretta.

Poi in seguito Barretta spiega, rivolgendosi al lettore, che se decide di andare avanti, vorrà dire che non tutto è perduto, e che c’è quell’empatia con l’arte per assorbirne l’inconsistenza nella mancanza della “luce” che consegna il buio e occlude ogni via d’uscita. Poi, la scommessa di arrivare all’ultima pagina per allontanarsi da quella mimesi che uccide l’immateriale e non consente di salvarsi da brutti edifici e monumenti che assediano la nostra esistenza, dalle lordure che sovrastano in ogni dove, nelle strade, nelle piazze, nei giardini, costretti ogni giorno ad allontanare il lezzo dal vicolo dell’ignavia per tornare a casa a pane e acqua nel rimanere digiuni d’arte.

 

L’autore, dunque, si mostra dubbioso con il contemporaneo, e va per binomi, come etica ed estetica, immanente e trascendente, indecisione e scelta, arte e affari, tradizione e novità, arte e filosofia, e anzitutto arte e non arte. Con questo cerca di capire perché l’Italia, il paese della bellezza, abbia tradito un’eredità che ha reso la società nichilista sul piano formale, in una rincorsa esistenziale contaminata dal soggettivismo, ed è caustico con i dissacratori che disonorano la bellezza. L’analisi in questo saggio è per un’arte che ha creato un sistema dove non è più elemento centrale, in una generazione che stenografa idee altrui, né rinnovatori né pionieri ma epigoni: immagine che vuole convincerci di una metamorfosi dovuta, mentre è solo espressione mercantile della società che sembra non riconoscere più l’arte e la bellezza, ma il contrario. Attraverso dichiarazioni ferme e puntualizzazioni necessarie queste pagine sono dominate dalla visione critica verso il destino dell’artista, né trasgressore né provocatore, in una umanità distolta dal suo contesto ideale. Nello svelare la mistificazione, allora, Andrea Barretta argomenta la smitizzazione dell’arte in effetti caleidoscopici, caravanserraglio in cui tutto è possibile, anche la domanda: “Questo lo potevo fare anch’io, …  ma è arte?”.

 

 

La mostra collaterale: 11/18 ottobre 2014

 

Una vernice nelle sale della Galleria ab/arte di Brescia con il coinvolgimento del pubblico che vedrà uno spazio-opera a cura di Riccardo Prevosti dal titolo del saggio dello scrittore e giornalista Andrea Barretta “L’arte, la bellezza e il suo contrario” che sarà presentato nell’occasione.

Alla base di tutto c’è la società livellata in una cultura decomposta, in una “sperimentazione” che non è più “esperienza” di un’arte autonoma ma di quella autoreferenziale, non più voce di consonanza con la bellezza ma intesa come allegoria da cui simula il distacco mentre lo acquisisce in soluzioni di cattivo gusto. Così nel tentare di rimuovere il passato non si riesce più a capire il presente, e paradossalmente si va a passo di gambero, tanto che molti indugiano nell’analisi di vuoti a perdere, come se ciò che adocchiamo qui e là sia sempre “arte”, solo perché in vetrina o solo perché recensita.

La mostra e il libro provano a filtrare risposte e commenti a molti interrogativi, con obiettività e con il codice culturale della concezione kantiana di bellezza aderente, per entrare nei meccanismi che hanno condizionato i valori dell’arte in laboratori “del dire” piuttosto che del “fare”.



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